Uno scrittore che non assomiglia a nessuno. Felisberto Hernández a Firenze (e un estratto)

12 aprile 2012 – ore 18,30 – CAFFÈ LETTERARIO DELLE MURATE, Firenze

Presentazione, recital e musiche di e per
“Nessuno accendeva le lampade” (La Nuova Frontiera, 2011)
dello scrittore di culto Felisberto Hernández.

L’autore amato da Borges, Calvino e García Márquez finalmente di nuovo in libreria in Italia.

“Se non avessi letto i racconti di Hernández non sarei diventato lo scrittore che sono oggi” (Gabriel García Márquez)

Presentano il libro:
MARTHA CANFIELD, scrittrice e docente di Lingua e Letteratura Ispanoamericana alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze
ALESSANDRO RAVEGGI, scrittore, studioso e docente di lingua e letteratura italiana
LORENZO RIBALDI, Direttore editoriale de La Nuova Frontiera

“La lettura di Felisberto spalanca la porta a un flusso di immagini che prende d’assalto la nostra coscienza.” (Julio Cortázar)

Assente da quasi 40 anni dalle librerie (uscì nel 1974 per i Supercoralli Einaudi, con una nota introduttiva di Italo Calvino), quasi introvabile nelle biblioteche italiane, ritorna finalmente in una nuova traduzione italiana, “Nessuno accendenva le lampade” dell’uruguayo Felisberto Hernández, raccolta straordinaria di un autore che Roger Callois definì “l’autore più originale dell’America Latina”. Lo ripubblica la casa editrice La Nuova Frontiera, che da 10 anni ha il merito di diffondere la letteratura di lingua spagnola e lusofona in Italia. Di fronte al Nuovo Boom mondiale della letteratura latinoamericana, voglio presentare il libro, l’autore ed anche la sua nuova casa editrice italiana, giovedì 12 aprile a Firenze, alle ore 18:30, al Caffè letterario delle Murate, con una serata di reading e musiche latinoamericane, assieme alla professoressa Martha Canfield, colonna degli studi latinoamericani in Italia e professoressa dell’Università di Firenze, e a Lorenzo Ribaldi, direttore de La Nuova Frontiera. (Alessandro Raveggi)

Ecco un estratto dal libro
“Qualche estate fa ho cominciato a pensare di essere stato un cavallo. Al cadere della sera questo pensiero veniva a me come se cercasse riparo sotto una tettoia di casa mia. Appena mettevo a letto il mio corpo d’uomo, i miei ricordi di cavallo cominciavano a farsi avanti. In una di quelle notti stavo camminando per un sentiero sterrato e calpestavo le chiazze create dalle ombre degli alberi. Da un lato mi seguiva la luna; dall’altro si trascinava la mia ombra che, risalendo e scendendo le zolle, copriva le orme. In direzione opposta arrivavano gli alberi, con enorme sforzo, e la mia ombra si intrecciava alla loro.
Camminavo avvolto nella mia carne stanca e mi facevano male le articolazioni vicine agli zoccoli. A volte dimenticavo di accordare il movimento delle zampe anteriori con quelle
posteriori, incespicavo e rischiavo di cadere. A un tratto sentivo odore di acqua; ma era quella putrida di una laguna là accanto. Anche i miei occhi erano come lagune, e nelle loro superfici lacrimose e inclinate si riflettevano contemporaneamente cose grandi e piccole, vicine e lontane. La mia unica occupazione era distinguere le ombre cattive e le minacce degli animali e degli uomini…”

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