“Le acque di Città del Messico, più che con l’inquinamento, complottano così col clima e l’altitudine di oltre 2000 metri per fare della città un’ardente casa degli specchi, labirintica di rovine odierne e antiche che si sorvegliano riflesse l’una sull’altra, con riverberi di fulgore e vegetazione quasi preistorica, ma anche disposta a ricevere l’influsso di acque reali o originarie e a trasformarsi in bacino, in vasca bigia, in scolo.”
Questo testo fa parte di una raccolta di memorie di viaggio sul Messico (titolo provvisorio La pelle dell’ocelot) che spero potrà presto essere in libreria. Viaggi “da fermo”, perché riflessioni su megalopoli che ti avvinghiano col loro erotismo interrotto, dalla variopinta e modernissima Città del Messico fino agli abissi riflessi in un tremante pugnale d’ossidiana, colto nel taglio sempre rimandato di viscere italiche. Testi usciti su varie riviste e online, che evitano l’esotismo pieno di chincaglie latinoamericane di molti autori italiani.
È uscito oggi su Nazione Indiana, come anticipazione del numero 8 de Il Reportage, trimestrale ricco di narrazioni di grande impatto – basti pensare che in questo numero sono in compagnia di un inedito di Samuel Beckett, e di due reportage di Franco Arminio e Ugo Cornia, tra gli altri.