Estratto dal racconto La strategia dei nostri oggetti paterni, inedito.
La maschera di lupo bianco mi calza a pennello, sia sul davanti che sul dietro. Dimostra il fatto maniacale che nostro padre abbia preso le misure della mia testa con un trucco, nel sonno. Forse grazie alla governante dalla faccia spugnosa che mi mandava a spese sue la mattina presto della domenica. Rosa rassettava furiosamente l’orrenda debacle di frammenti spaiati della mia stanza-officina, non potendo sceverare tra oggetto d’arte e spazzatura ritrosa. Nella foga, Rosa la governante ha preso però meticolosamente le misure del mio cranio, mentre io me la russavo come un pargolo stonato. L’espressione del muso di questa maschera, tutt’altro che famelica, anzi assopita e po’ mogia, non è però quella che avrei preferito. Se avessi potuto scegliere, ovviamente. Deve essere l’espressione del lupo bianco dopo aver corso, ululato molto, disperatamente in cerca di cibo, senza conquista di prede. Un lupo bianco sperso, l’equivalente della pecora nera, ma significativamente lupo. Piuttosto rassegnato all’idea di farsi grattare sotto il mento da un padrone mai ipotizzato al limitare della steppa.
Se ci respiro dentro posso odorare il trattamento utilizzato per la smaltatura. Mi fa capire, visto anche l’intaglio approssimativo degli occhi, che la maschera è stata prodotta da poco, e in tutta fretta. L’idea può essere venuta a mio padre, di colpo, come un ictus. Ha mandato a fare dal primo artigiano individuato sulle Pagine Gialle, la maschera, le maschere. Il lupo, al più presto!, e la giraffa. La testa di giraffa marrone di nostra sorella Sara, che si allarga sulle orecchie in zigomi smaglianti e spigolosi, e che lei deve calibrare nei passaggi più stretti e affollati, si staglia nello stuolo grigio di persone venute a salutare per l’ultima volta nostro padre. La giraffa squaderna i denti grandi come medaglioni in un modo presuntuoso e infantile. Sara, sotto il mento della giraffa, è affascinata tutta in una calzamaglia finissima, ma ti rendi conto che con la testa di giraffa su quel mimo provocante le si toglie di dosso la malizia di sempre, di quei reggiseni di pizzo, ombelichi voluttuosi e smalti pastello. Nonostante le trasparenze di quella calzamaglia rammendino la visione d’insieme di una quarantenne oramai in allentamento. Lei non può fare a meno di intrattenersi ora, nella fiumana di politici contriti con mogli e figli cataplettici al seguito, in delle oziose e stucchevoli pubbliche relazioni. Dovrei ribadire a Sara che il corpo di papà non è una casa in vendita da sciorinare a degli allocchi venuti dalla città a testarne gli infissi e i fornelli. Chissà se un lupo bianco ha paura di una gigantesca giraffa o viceversa. Chissà come un lupo bianco russo potrebbe addentare una giraffa africana. L’attaccherebbe, affonderebbe i suoi denti nella carne marrone e stopposa della giraffa? Normalmente, se Sara non fosse Sara, mia sorella biologica senza polpa, mia carne incompleta e rigettata mai masticata, l’attaccherei come una preda qualsiasi, ma con Sara… Mi dovrei inventare di sana pianta la strategia [fine estratto]
Bello, e inquietante… il seguito dove lo si può leggere?
Speriamo presto, è in “visione”. 😀