“Il libro si presenta come un oggetto anomalo sia sotto il profilo della lingua – quella di Raveggi, giunta a maturazione nell’ambito di una sperimentazione poetica di lungo corso, è ricca, innervata tanto nella tradizione letteraria alta quanto nei gerghi contaminati del parlato di strada e delle subculture pop – che da quello della struttura narrativa, per la quale Raveggi sceglie la strada della complessità, della frastagliatura, dell’ellisse, dando vita a un romanzo colmo di salti spaziali, temporali e concettuali, di spazi bianchi che sta al lettore completare, e percorsi che finiscono in apparenti vicoli ciechi ma in realtà rimandano a una più ampia “grande matrice” del canone occidentale.”
“Come Raveggi con la sua ricerca di un nuovo dio o nume simbolico, Romagnoli ha una vocazione cosmica, e pone immediatamente la genesi dell’individuo, e il suo sviluppo fisico e conoscitivo, all’interno di una prospettiva larghissima, punto di mezzo – ahilui senziente – tra macromondo e micromondo.”
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