In terza (o forse anche quarta) edizione, arriva a metà novembre nel bello spazio di The Hub Firenze un mio corso sull’autobiografia dopo un peregrinare toscano di campagna e di città.
Perché insegno autobiografia?
Perché leggo sempre più e mi piacciono libri in cui l’autobiografia viene stracciata, resa collage, distrutta e poi rimontata. Perché mi piace l’uso spudorato che ne fa Carrère ricordandoci che l’autobiografia è caccia alla vita altrui. Perché mi è sempre piaciuto l’uso sillogico che ne fa David Foster Wallace. Perché sono rimasto molto colpito da “Il posto” della Ernaux. Perché ultimamente sono attratto da quegli autori come Vila-Matas che mischiano i cazzi propri con esposizioni d’arte contemporanea e falsi reportage, perché la scrittura dell’io è anche esposizione (Annette Messager docet). Perché ho scoperto che tutto gira attorno a quella persino tra i castelli di gelo di Calvino, ed in modo selvaggio.
L’autobiografia, per voler citare ancora l’arte, è Joseph Beuys col coyote in una stanza: urgenza di sopravvivere e di esporsi, di rischiare e proteggersi, mettendosi in ridicolo in partenza.